Platini: «Quella volta che Paolo Rossi mi intervistò. Ora mi ritrovo solo»
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Platini: «Quella volta che Paolo Rossi mi intervistò. Ora mi ritrovo solo»

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Michel Platini ricorda Paolo Rossi e il primo incontro con l’ex attaccante della Juventus. Ecco le sue dichiarazioni su Pablito

Michel Platini si lascia andare ai ricordi sulle pagine de Il Giornale. Ecco le sue parole dopo la scomparsa di Paolo Rossi.

IL PRIMO INCONTRO«Avevo conosciuto Paolo in Argentina. Eravamo vicini di ritiro all’Hindu club, noi francesi e loro italiani, sorteggiati nello stesso gruppo. Eravamo giovani e con un futuro tutto da scrivere. Lui mi intervistò, risposi alle sue domande in allegria e poi toccò a me fare il giornalista. Fu l’inizio di un rapporto che si trasformò in amicizia quattro anni dopo. Quando arrivai a Torino dovetti fare i conti con il gruppo di campioni del mondo, erano tutti pieni di gloria, Zoff, Gentile, Cabrini, Scirea, Tardelli e mi sentii inizialmente a disagio, quasi tagliato fuori da un gruppo così importante e così vincente e vittorioso. Mi accorsi, però, che Paolo era distaccato dalle passioni e dall’euforia che accompagnavano gli altri e che fa parte del nostro mestiere. Compresi che la vicenda che lo aveva coinvolto due anni prima (la squalifica sportiva per il calcioscommesse, assolto a livello penale, ndr), lo aveva segnato profondamente, dunque si era come allontanato da quel mondo. Mai me ne aveva parlato, mai aveva confessato queste sue sensazioni o sentimenti, soprattutto perché amava la vita che era ben più importante di una partita di pallone».

PAOLO ROSSI«Paolo era una farfalla, volava leggero tra lupi e squali, era svelto nella testa, velocissimo nell’intuizione, opportunista nei movimenti, decisivo in area di rigore. Sapeva sopperire a un fisico non certo superbo con la saggezza, prevedendo quello che i compagni avevano in testa, lo sviluppo dell’azione che lui andava a concludere. Spesso lo vedevo stanco, sul lettino dei massaggi, con la borsa del ghiaccio a lenire i dolori delle sue gambe. Non aveva più menischi eppure era veloce, fulmineo nell’approfittare di situazioni critiche in area di rigore avversaria».

GENTILEZZA «Non l’ho mai udito rimproverare né i compagni di squadra né gli avversari, anche quelli che ricorrevano alle maniere forti per fermarlo. Pensava molto e parlava poco, la sua intelligenza è stata la dote principale che gli ha permesso di superare le sofferenze fisiche. Due anni fa mi telefonò per coinvolgermi in un film documentario sulla sua carriera e vita, andai a Forte dei Marmi e fu l’occasione per rileggere il nostro diario di quando, ad esempio, e accadeva spesso, lui si incazzava con me perché gli chiedevo una sigaretta. Era un mio viziaccio, lo ammetto e lui reagiva con fastidio ma sempre con la massima educazione, accompagnata, alla fine, da un sorriso».

LUTTI NEL 2020 «Ho perso un altro amico, dopo Gaetano, di quegli anni bellissimi a Torino. È un anno difficile per la mia memoria, Michel Hidalgo, Robert Herbin, Diego Maradona, adesso Paolo. Mi ritrovo solo».

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