McKennie si racconta: «Il calcio, la mia infanzia e la Juve: vi dico tutto»
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McKennie si racconta: «Il calcio, la mia infanzia e la Juve: vi dico tutto»

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Weston McKennie si racconta ai microfoni di DAZN. Le parole del centrocampista statunitense in forza alla Juventus

Weston McKennie, centrocampista della Juventus, si è raccontato nel format 1 vs 1 in onda su DAZN.

CALCIO – «Per un po’ ho giocato anche a rugby quando sono tornato negli USA dalla Germania. A un certo punto i dottori mi dissero che avevo le ginocchia di una persona di trent’anni. Non sapevo cosa scegliere e mia madre mi chiese “quanto ti piace il calcio?”. Io risposti “al 99,9%, il football al 99,8”. “Ecco allora hai fatto la tua scelta” e tutto è iniziato così. E’ stata una buona decisione. Non saprò mai come sarebbe andata se avessi scelto il football. A volte mi chiedo come sarebbe andata e penso sarei diventato un professionista perchè ce la metto tutta quando inizio una cosa».

RICORDI – «Il primo vero ricordo legato al calcio è quando mi sono trasferito in Germania. Quando mi sono ritrovato in uno stadio vuoto la mia reazione è stata “Wow, ho sempre lavorato per questo!”. Ero lì a visitarlo dopo aver firmato per lo Schalke 04 e pensai ai tifosi che mi avrebbero visto giocare. Negli USA il calcio non è molto seguito, allo stadio andranno ogni volta 5 o 10 mila persone».

SPORT – «Sono cresciuto facendo diversi sport, sono sempre stato molto attivo. Io, mio fratello e mia sorella eravamo sempre fuori di casa. La cultura tedesca e quella americana sono differenti. In Germania si sentivano più sicuri a lasciarci fuori, mentre negli USA ci chiedevano di tornare entro una certa ora. Prendevo la bicicletta con i miei amici e andavamo a giocare a calcio o alla piscina comunale. Quando lasciammo la Germania la iniziai a considerare come la mia vera casa».

SOPRANNOMI – «Cristiano mi chiamava “Texas Boy”, mentre Gigi “Big Mac”. Anche Pirlo mi chiamava come Ronaldo. Erano momenti divertenti».

HARRY POTTER – «La passione è nata in Germania. Mia nonna mi regalò tutta la collezione di libri. Adoravo i disegni sulle copertine e la mia passione per i libri iniziò lì. Un giorno mia madre un giorno mi disse che mia nonna non c’era più e io iniziai a piangere sotto le coperte. Poi aggiunse: “non quella che ti ha regalato i libri di Harry Potter” e io “Cosa?”. Fu un momento strano, ma da lì è iniziata la mia passione. Ho visto i film e letto quasi tutti i libri. Mi piacerebbe provare a fare un paio di incantesimi».

MAMMA – «Sempre stato legato molto a lei. Mi accompagnava agli allenamenti dopo il lavoro. Non importava dove andassi lei trovava sempre il modo di venire con me. Mi portava sempre ai tornei e tra noi c’è un legame molto forte che si è rafforzato quando ho dovuto decidere se proseguire con il professionismo o l’università. Mi ha detto di seguire il mio cuore e i miei sogni. E’ la mia fan numero uno, le dico sempre che non capisce di calcio e mi risponde “sono stata per campi quanto te!”. Mi manda messaggi prima e dopo le partite. Quelli di mamma però sono pareri personali, non come quelli del mister».

CALCIO ITALIANO – «Uno degli aspetti più utili è stato sicuramente quello tattico. E’ come giocare a scacchi. Prima sei in una posizione, poi la palla si sposta e devi essere in quell’altra posizione. All’inizio faticavo nella fase difensiva, in Germania potevo correre e occupare lo spazio che volevo senza fermarmi. Qui è più preciso, ci sono delle zone definite che devo coprire. A livello offensivo posso fare le mie cose, i miei inserimenti, perchè ho molta energia».

RUOLO – «Mi considero un numero 8, un centrocampista box to box. Ho molta energia che mi consente di fare entrambe le fasi. Se fossi troppo offensivo non sarei a mio agio, vedrei la squadra difendere e penserei “voglio aiutarli, devo toccare palla”. Se invece mi dessero un ruolo più difensivo lo farei, ma poi andrei in avanti perchè mi piace fare gol. La parte più bella del calcio infondo è questa».

10 GOL IN CAMPIONATO – «Penso di si. Sarebbe un buon traguardo per me e per la squadra».

PIRLO E ALLEGRI – «Entrambi sono belle persone. La differenza sta nell’esperienza. Allegri allena da non so quanto, è già stato alla Juve. Pirlo invece ha appena finito la carriera ed è passato subito ad allenare la Juve, dove la pressione è alta e ci sono tante aspettative. Pirlo è sempre stato in grado di gestire la pressione, ma è diverso quando lo fai in campo e quando stai fuori e non puoi fare nulla di concreto. Quando giocavamo, dopo un passaggio, lo guardavo per capire cosa stesse pensando e credevo dicesse “avrei fatto un altro passaggio, perchè non ha tirato così?”. La differenza importante comunque è sull’esperienza».

JUVE – «Ci sono alte aspettative, lo sanno tutti. Vogliamo arrivare lontano in tutte le competizioni, vincerle tutte. Ora però dobbiamo fare un passo alla volta e pensare partita dopo partita. Se iniziassimo a pensare alla finale di Champions o di Coppa Italia perderemmo la concentrazione sul campionato e le gare da giocare prima. Stiamo cercando di ritrovare il nostro ritmo step by step».

FUTURO – «Qui sono felice. Una delle cose che sognavo era di arrivare a giocare in un top club con una storia importante. Ma il calcio è imprevedibile, ci sono alti e bassi. Ho imparato che è un grande business e se non fai il tuo in un club come la Juve ti rimpiazzano. Oggi sono felice e spero di continuare così, ma non si sa mai cosa riserva il futuro».

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