La Juve si perde sulla strada del Benevento. Andrea, chi te lo ha fatto fare?
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La Juve si perde sulla strada del Benevento. Andrea, chi te lo ha fatto fare?

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La Juve a Benevento non va oltre il pari. Comincia bene ma non chiude il match e alla fine non merita di vincerlo. L’analisi

Così non va. Lo sa bene Pirlo, lo comprendono di certo i suoi calciatori. E non perché la Juventus abbia rimediato solo un pari anche nella trasferta di Benevento, ma perché nel computo dei novanta minuti i bianconeri non hanno meritato di vincere.

Eppure l’inizio di gara era stato abbastanza convincente, e la manovra fluida e pungente al punto di immaginare un finale ben diverso. I momenti buoni, però, vanno sfruttati a dovere perché senza far goal le partite rischiano di rimanere piatte, non si sbloccano e non si portano a casa.

Al Benevento va riconosciuta una grande solidità mentale, che è durata per tutti i novanta minuti. Un aspetto, questo, che alla fine ha fatto la differenza a favore dei ragazzi di Pippo Inzaghi, uno che dopo le difficoltà iniziali da allenatore pare aver ripreso quota nel suo percorso e ora è decisamente in ascesa in una piazza che lo sta facendo lavorare con la calma necessaria.

«Ho detto ad Andrea prima della gara ‘Chi te lo ha fatto fare?’», ha raccontato SuperPippo, legato a Pirlo da una sincera amicizia. Inzaghi sa bene quanto un allenatore sia facile bersaglio nei momenti di grande cambiamento dei club, nel passaggio di testimone tra un ciclo generazionale e un altro. E che, in un grande club, si chieda comunque di ottenere il risultato, senza possibilità alcuna di scendere a compromessi col tempo.

Anche se Pirlo, obiettivamente, di tempo ne ha avuto poco per costruire la sua Juve, alla luce di un pre campionato inesistente e di lunghi filotti incastrati nel calendario che non lasciano spazio agli allenamenti. Lui però – e almeno questo gli va riconosciuto perché non è da tutti quelli che siedono sulle panchine di club ambiziosi – non ha mai cercato alibi per giustificare il rendimento della sua squadra.

Dybala stecca ancora e Morata non basta

Anche a Benevento ha deluso in parte Dybala: apparso poco sereno nei momenti decisivi del match, come uno che fatica a tenere sulle spalle il fardello di chi – anche quest’anno – è in discussione per un posto in squadra. E Morata, che sembra rinato da quando è tornato a vestire la maglia bianconera, non è bastato alla Juve per tornare a casa con il bottino pieno. Non ci sarà nel prossimo match con il Torino, perché espulso per proteste nel concitato finale di gara.

E’ mancato invece Cristiano Ronaldo. E non è questione di chiarire se la Juve sia CR7 dipendente o meno, bensì di tarare il potenziale di una squadra sugli uomini al proprio servizio. Ancora di più in un momento importante per la propria definizione come quello che sta vivendo la Juventus.

L’assenza del portoghese ha ricordato quella della passata stagione a Lecce (anche in quel caso finì 1-1) e ha fatto riemergere quello stesso retrogusto di valutazione sbagliata sull’impegno. «Già mercoledì aveva avuto un problemino e ha voluto stringere i denti – ha chiarito Pirlo -. Abbiamo deciso di farlo riposare, era stanco e ha bisogno di recuperare». E poi: «Queste partite vanno vinte anche senza Ronaldo».

Il tecnico bianconero smorza così sul nascere eventuali polemiche sul turno di riposo concordato con Cristiano, come un vero fuoriclasse «da sempre abituato alle pressioni». In realtà, ci fosse stato anche in panchina, CR7 avrebbe certamente dato una mano sul piano caratteriale ai compagni, un po’ come ha provato a fare Bonucci, che evidentemente non è ancora così pronto per tornare in campo da protagonista.

La Juve o si ama o si odia

Leo però era lì, a vedersela con Schiattarella e qualche mestierante che dalla panchina avversaria lo rassicurava sull’arrivo in soccorso di Cristiano Ronaldo. Perché in giro per l’Italia la Juve o si ama o si odia, e qualcuno non perde mai occasione per ergersi a fenomeno di giornata.

Mercoledì c’è la Champions, i record sono tutti importanti e un successo vale comunque tre milioni di euro anche se la qualificazione agli ottavi è già acquisita. Il match con la Dinamo Kiev, insomma, va giocato seriamente. Ma in questo momento storico della stagione i tre punti a Benevento avevano un valore specifico maggiore.

Perché, in quell’Italia in cui la Juve o si ama o si odia, il decimo Scudetto consecutivo è un obiettivo primario: sarebbe il raggiungimento ideale a una stella che per troppo tempo è stata messa in discussione dai non protagonisti e che sarebbe motivo di grande orgoglio per chi, nel frattempo, ha compreso bene che nella Juve «vincere non è importante, è l’unica cosa che conta».

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