Dani Alves-Juventus: i (veri) motivi per cui il matrimonio non ha funzionato
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Dani Alves-Juventus: i (veri) motivi per cui il matrimonio non ha funzionato

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Dani Alves Juventus: i (veri) motivi per cui il matrimonio non ha funzionato. Perché l’addio dai bianconeri fu precoce

La precoce rottura del rapporto tra Dani Alves, arrivato a parametro zero dal Barcellona, e la Juventus è uno dei temi calcisticamente più rimuginati degli ultimi anni. Personaggio complesso, affascinante, istrionico, una supernova esplosiva e scintillante che non si è allineata nella galassia bianconera, probabilmente perché incompatibile con essa. «Mi avevano detto che avrebbero cambiato il modo di giocare e non era vero», è l’ultima esternazione social del brasiliano, l’ennesima manifestazione di un disagio nato e divampato subito che lo portò a lasciare Torino dopo una sola stagione (2016/17) tra l’altro ricca di successi. L’attuale giocatore del San Paolo ha vinto con la Juve uno scudetto e una Coppa Italia (segnando in finale con la Lazio), arrivando a giocarsi la finale di Champions a Cardiff persa contro il Real Madrid. A livello personale la sua annata, complessivamente positiva nonostante un grave infortunio, si chiuse con 6 gol, 7 assist e un posto nella TOP 11 al Gran Galà AIC.

I motivi tattici/filosofici

Al di là delle promesse vere o presunte, Dani Alves rappresentava 5 anni or sono un elemento di forte rottura in casa Juve, nonché uno dei primi tentativi di commutare la filosofia di gioco di una squadra che, almeno a livello europeo, aveva sempre preferito l’adattamento alla proposta. L’esterno di Juazeiro – che veniva da 8 anni di Barcellona – si ritrovò ingabbiato nel tatticismo del calcio italiano e ancora di più nell’attitudine difensiva della Juve. Più in generale lo spirito tutto verdeoro del “Joga Bonito” faceva a pugni col pragmatismo juventino. «Mi aspetto che il calcio italiano in generale cambi. Per la nazionale ad esempio il problema non è l’allenatore ma più generale, perché si è abbassato il livello. Dovrebbero prendere tutti esempio dal Napoli: mi piace tantissimo e questa visione che ha la squadra di Sarri è utile per far migliorare il calcio. C’è bisogno di più divertimento, come nel calcio moderno», disse nel 2017 dopo l’addio ai bianconeri. Allegri quell’anno lo schierò spesso e volentieri da esterno di centrocampo, per esaltarne le doti tecniche. Lo stesso tecnico livornese ha recentemente raccontato di aver imparato molto da Alves durante quei mesi: «Eravamo a Napoli a giocare la semifinale di Coppa, dovevamo portare a casa la partita visto che mancava poco. Dani Alves mi disse che voleva andare a uomo su Insigne perché era l’unico azzurro che ci stava creando qualche problema. A quel punto gli ho dato il mio ok. Anche io ho imparato dai grandi giocatori. Quando giocammo col Barcellona andammo a uomo su Neymar ricordando questa esperienza».

I motivi ambientali/economici

A determinare la rescissione consensuale del contratto di Dani Alves con la Juve fu però anche una fortissima componente ambientale. «A Torino mi sono reso conto che non era facilissimo prendere un volo per vedere i miei bambini in Spagna. E per la mia compagna trovare un lavoro era più difficile, non c’erano tante opportunità», ha raccontato il brasiliano. Un’insofferenza protratta pure all’interno delle mura dello spogliatoio juventino: «All’inizio ho fatto molta fatica, non mi capivano. Sul terreno come fuori. Nello spogliatoio non si poteva mettere musica. Io non posso vivere senza musica, senza ballare». Qualche anno dopo fu  Barzagli a tornare sulla questione: «Abbiamo avuto un po’ di problemi con Dani Alves perché lui metteva la musica a palla, era abituato al Barcellona e dicevano che è una cosa che succede spesso. Ma anche in Inghilterra le squadre hanno la musica forte prima della partita. A un certo momento gli avevano detto ‘Guarda Dani, scusa ma qui c’è chi vuol stare concentrato e chi meno’, e quindi si metteva la musica a palla nelle cuffie e ballava da solo» – salvo quindi ammettere: «Poi alla fine entrava in campo e lo vedevi che era uno dei più concentrati». Questione di empatia, un’empatia che evidentemente Dani Alves trovò l’anno dopo al PSG con l’amico Neymar e una nutrita colonia brasiliana.  Ultimo ma non ultimo l’aspetto economico visto che l’allora 33enne passò dai 3,5 milioni che percepiva in bianconero agli 8,4 guadagnati sotto la Tour. Non è un dettaglio.

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