Juve fedele alla linea: affinità divergenze tra Allegri (2021) e Parola (1961)
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Juve fedele alla linea: affinità e divergenze tra Allegri (2021) e Parola (1961)

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La Juventus non riesce a vincere nelle prime quattro gare di Serie A: non succeede dal 1961/1962. Affinità e divergenze

Alla fine Allegri ha eguagliato un record storico, ma negativo, nella storia della Juventus: è dall’inizio della stagione 1961/1962 che i bianconeri, in Serie A, non coglievano nessuna vittoria nelle prime quattro gare. Sessant’anni fa la Juve infatti pareggiò con Mantova e Lecco e perse contro Atalanta e Padova. Allegri invece non inverte il trend negativo: pareggi con Udinese e Milan, sconfitte con Empoli e Napoli. Una costante accompagna queste partite: le rimonte subite e l’assenza di gol nei secondi tempi. Le quattro reti realizzate dai bianconeri sono arrivate tutte nei pirmi 45′ mentre in Serie A la Juventus continua a subire gol. Sono 6 le reti subite nelle prime 4 gare, la media dice 1,5 a partita e Allegri è in marcia a fine anno per eguagliare la Juventus 1961/1962: a fine annata quella squadra subì 56 reti, con questa proiezione la Juve si porterebbe a 57. Un’enormità. Volendo scendere più nel profondo, si possono delineare alcune affinità e divergenze tra le due stagioni.

Affinità: addii eccellenti e il declino di un’era

La Juventus della stagione 1961/1962 partiva senza lo storico capitano Giampiero Boniperti: la leggenda bianconera si ritirò al termine della stagione appena conclusa, con lo Scudetto sul petto. Un addio eccellente che mise fine ad un’era, quella del Trio Magico formato con Omars Sivori e John Charles. La sua partenza può essere avvicinata, per carisma e impatto nel gioco non certo per importanza nella storia della Juventus, a quella di Cristiano Ronaldo in questa stagione. L’addio, frettoloso e con una gestione rivedibile, ha creato non pochi problemi ad Allegri e alla squadra ma dopo quasi un mese è un alibi che non può più fornire materassi sui quali attutire le cadute. Già, il ritorno di Allegri è stato investito, anche sui social dalla stessa Juventus, di una sorta di aura redentrice dopo due stagioni tra alti e bassi (ma con uno Scudetto targato Sarri e due trofei a firma Pirlo). La partenza è stata tutt’altro che positiva e lo stesso tecnico ha ammesso le sue responsabilità nel pareggio contro il Milan: questo però non discolpa la squadra da tanti errori individuali, sintomo di un qualcosa di frammentato nello spirito del gruppo. Anche il 1961/1962 vide un ritorno in panchina, quello di Carlo Parola che la stagione precedente aveva lasciato i bianconeri per divergenze con Umberto Agnelli. Dopo solo due gare della coppia Gren-Korostolev, la società richiamò in panchina il tecnico dei due precedenti Scudetti. Mossa che non sortì gli effetti sperati: la Juventus chiuse con solo 29 punti sui 68 disponibili e un dodicesimo posto in coabitazione col Venezia. Era la fine di una Juve leggendaria e i tratti somatici somigliano sinistramente a quelli dell’Allegri bis: il declino del Trio Magico può essere accomunato a quello della difesa Juve, una volta imperforabile e ora sistematicamente bucata.

Divergenze: cicli e obiettivi differenti. Ma il finale preoccupa

La Juventus ha richiamato Massimiliano Allegri prevedendo per lui un accordo quadriennale (in partenza) a circa 9 milioni a stagione. Dopo Sarri e Andrea Pirlo, Agnelli ha richiamato il suo “delfino” con una schiera di collaboratori cari alla Continassa, come ad esempio Padoin. L’avvio è già storia, per quanto riguarda la Serie A, e l’obiettivo non sembra quello dello Scudetto, come Allegri si è lasciato scappare nel post partita di Napoli. Le differenze dunque con il 1961/1962 dove stanno? Scontato ma calzante dire nelle progettualità: la Juve di 60 anni fa naufragò dopo quella stagione disastrosa e dovette aspettare sei stagioni, con la squadra Operaia di Heriberto Herrera per tornare a cucire il tricolore sulla maglietta bianconera. La Juve di Allegri invece si pone l’obiettivo di crescere se non nell’immediatezza di questa stagione, almeno nel quadriennio del suo nuovo ciclo. «Per quanta strada ancora c’è da fare, amerai il finale», cantava Cesare Cremonini. La frase sembra potersi ergere a manifesto programmatico della stagione 2015/2016, quella della clamorosa rimonta post Sassuolo ma evidentemente non può essere certo la colonna sonora di questa Juve partita come nel 1961/1962, a maggior ragione se non vuol finire il viaggio come la squadra di Parola.

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