Tifosi Juve, distanti ma uniti: la storia di Salvatore Mannino, chef a Cefalù
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Tifosi Juve, distanti ma uniti: la storia di Salvatore, chef a Cefalù

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Tifosi Juve, distanti ma uniti: la storia di Salvatore, chef a Cefalù. La rubrica che ascolta e racconta le storie del popolo bianconero

Salvatore Mannino, di Cinisi (Palermo) chef per professione e ottimista per indole. 47 anni, 30 dei quali passati in cucina: attualmente presso la Tenuta Spinola di Cefalù, dove prepara succulenti banchetti per matrimoni e cerimonie varie.

O almeno lo faceva fino a qualche settimana fa. Questo maledetto Coronavirus lo ha privato del lavoro, «senza di quello mi manca tutto: dignità e orgoglio» e anche un po’ di quel buonumore che lo ha sempre contraddistinto. Fortuna che la passione per la Juventus, anche in questo periodo di fermo totale, non gli passa proprio mai… Come non ha mancato di far sapere a JuventusNews24.

Ciao Salvatore, come stai? Come procede la tua vita?
«Tra una cosa e l’altra è da due mesi e mezzo che non lavoro. Anche prima dell’ordinanza avevamo poca clientela per via dell’aria che c’era, ma pensavamo che la situazione fosse sotto controllo. Si fa una grande fatica: io vivo con mia figlia che ha 18 anni ed è una studentessa. La mia compagna è incinta ed attualmente è bloccata in Polonia per le restrizioni dovute al Coronavirus. Per quanto uno cerchi di essere sempre positivo e di lottare fino alla fine, quello che sentiamo dire ai telegiornali è davvero preoccupante. Mancano medici, strutture e cure adeguate: i contagi sono troppi. La situazione è drammatica. La mia speranza è che a giugno tutto possa essere risolto».

Confidi in qualche aiuto particolare da parte dello Stato?
«Io son qui non ho visto niente e non ho sentito nessuno: mi sento solo e abbandonato a me stesso. Devo contare su di me e spero tanto che la salute non venga a mancarmi. Senza lavoro mi manca tutto: dignità e orgoglio».

Come riempi le tue giornate a casa?
«Sto provando ad imparare l’inglese a casa, facciamo dei giochi e chiacchieriamo. Il momento più divertente della giornata diventa quello in cui si esce per andare a fare la spesa».

Qual è il tuo sogno?
«Il mio sogno è quello di cucinare per la Juventus. Sarebbe l’opportunità per trovare un lavoro sicuro e al tempo stesso unire le mie due passioni».

A proposito: come nasce la tua passione per la Juventus?
«È la mia vita. Mi papà è stato un calciatore professionista, ha giocato in Serie C nello Spezia. Lui e mio fratelli erano milanisti sfegatati ed hanno provato ad inculcarmi la fede rossonera. Quando ci siamo trasferiti da Cinisi a Palermo passavo le giornate a giocare a calcio in mezzo alla strada. Per attitudine naturale giocavo in difesa e tutti, per via dei miei ricci, hanno iniziato a chiamarmi Antonio Cabrini. Da quel momento sono diventato tifoso della Juventus: mi facevo comprare divise e completini. Poi a quei tempi nella Juve c’erano Causio, Cuccureddu, Benetti. Ogni volta che i bianconeri venivano a giocare a Palermo li andavo a vedere».

A quale giocatore vorresti preparare una tua pietanza?
«Paulo Dybala: gli cucinerei un piatto italo-argentino. Sono sinceramente in pensiero per lui. Mi è dispiaciuto tantissimo sapere della sua positività. Paulo oltre che un campione è anche un bravissimo ragazzo. Si è reso protagonista di tanti bei gesti, dimostrandosi sempre disponibile con i tifosi, in particolare con molti ragazzi diversamente. Lui è uno che regala emozioni sotto tutti i punti di vista».

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