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Bernardeschi: «Juve sei al top. Numero 10? No, perchè…»

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A Boston la presentazione ufficiale di Federico Bernardeschi, le sue parole in sala stampa davanti ai giornalisti

E’ il Bernardeschi Day, in versione americana. Al Babson College di Boston la sala stampa è gremita per la presentazione davanti ai media dell’ultimo colpo di mercato confezionato dal duo Marotta-Paratici. C’è già subito il primo colpo di scena. Il talento viola, osannato dai tifosi come il nuovo numero 10 ha invece spiazzato tutti quanti. Non indosserà nè il 10, nè il 29 (altro numero usato a Firenze), bensì il 33. Marotta aveva già accennato qualcosa alla presentazione dei calendari, ma nessuno avrebbe potuto prevedere un inversione di tendenza così netta.

«Indosserò la maglia numero 10? No, ho scelto la 33. E’ stata una scelta condivisa con la società» esordisce Bernardeschi. «C’è tanto rispetto per questa maglia ed è giusto che sia così. Quest’anno devo dimostrare di potermi meritare la 10. Devo dimostrarlo a mister, compagni, società e tifosi. Così come ho fatto a Firenze».

«La Juve rappresenta un top club, in tutto il mondo. Rappresenta la storia, una parte di storia del calcio mondiale. E’ una di quelle 4-5 squadre migliori al mondo. E’ una grande emozione stare qui. Voglio vivermi tutto, dalla prima all’ultima emozione. Da avversario mi ha sempre colpito la mentalità di questa squadra. E’ una questione di testa, quando entri in campo queste cose le percepisci».

Le parole di Bernardeschi sulla scelta di maglia: «Il 33? Sono credente. Però mi piace il 10, fosse per me…»

Poi il discorso ritorna naturalmente alla scelta del numero. «Fosse per me avrei preso il 10. Però come ho detto devo meritarmelo prima. Il 33 l’ho scelto perchè sono credente, ha un significato pesante, molto più profondo dai (ride)».

«La trattativa è stata molto lunga, ma bella. Mi ha coinvolto in pieno fin dall’inizio. Devo ringraziare il mio procuratore e tutti quelli che mi sono stati vicini perchè alla fine è arrivato l’esito positivo. Finalmente.»

Alla domanda sui duri striscioni apparsi al Franchi il viso di Federico si fa più cupo. «Questo è un argomento delicato, c’è una parte di società malsana come il tifoso sui social che augura morte, o addirittura peggio. Anzi, ringrazio i tifosi che, nonostante tutto, mi hanno detto ‘in bocca al lupo per la tua nuova avventura’ e tante cose belle. Poi ci sono quelli che mi hanno salutato così: ‘Non  ti seguiremo più. Ma ti auguriamo la tua crescita professionale’. Questa parte di società che è sana, va seguita, va ringraziata e apprezzata. Anche se fa meno rumore dell’altra. Il problema è quando si attacca chi è più fragile di carattere. Questo è uno dei disagi del mondo di oggi».

 

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