Mamma Rabiot, l'intervista completa: «Lo voleva il Milan, spero vinca il Pallone d'Oro. Io soffocante? Problema dei media francesi»
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Mamma Rabiot, l’intervista completa: «Lo voleva il Milan, spero vinca il Pallone d’Oro. Io soffocante? Problema dei media francesi»

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Mamma Rabiot, l’intervista completa: «Lo voleva il Milan, spero vinca il Pallone d’Oro. Io soffocante? Problema dei media francesi». Le parole di Veronique

Veronique Rabiot, madre dello juventino Adrien, ha rilasciato una lunga intervista al settimanale Sportweek.

INIZI DA AGENTE – «Non c’è stato un momento preciso. Adrien a 6 anni voleva fare il calciatore professionista. Diceva proprio “professionista” già allora. A 9 anni, mi disse che avrebbe giocato in nazionale. Tutti i suoi allenatori, a cominciare dalla prima, una donna, Martine, mi dicevano che aveva un dono, ma solo quando si è fatto avanti il Psg, la situazione è diventata seria. Fui contattata da agenti e intermediari, però la prima trattativa la condussi da sola con il Manchester City. Quando Adrien firmò da professionista con il Psg a 17 anni, lasciai il lavoro e mi dedicai a questa nuova attività. Fu naturale, indotto dalle circostanze».

MASCHILISMO NEL CALCIO – «Personalmente non ho mai avuto la percezione di un mondo del calcio maschilista nei miei confronti. Sono sempre stata trattata con rispetto dai miei interlocutori, a cominciare dal presidente del Psg, Nasser Al Khelaifi e da Carlo Ancelot-
ti, che incontrai tre volte quando Adrien era minorenne al Psg. Non posso dire la stessa cosa di certi media e personaggi che non concepiscono che una donna, in più mamma, sia come un padre che gestisce la carriera del figlio. A volte però dipende da come ci si pone e dal carattere. Oggi per fortuna ci sono molte più donne nel calcio, in tv, come agenti, come arbitri
».

ABILE NEGOZIATRICE – «Lo sono, ma fare trattative mi viene naturale e mi piace. Forse chi ha avuto a che fare con me all’inizio non si aspettava potessi essere dura. Non rientro negli schemi. Sono una persona diretta, quando dico una cosa è quella e posso troncare tutto se non sento la stessa chiarezza davanti. In genere, però, è più facile trattare per un giocatore di talento come Adrien. È più meritevole chi deve trovare un club a giocatori medi. Ma è un mestiere che mi appassiona e mi ha permesso di vivere grandi emozioni negli stadi, di incontrare personaggi interessanti come Adriano Galliani, che voleva Adrien al Milan nel 2014».

NON MONTARSI LA TESTA – «Una volta mi dissero che un giocatore è come una Formula 1, va regolata al millimetro perché non si inceppi. Ne fui scioccata perché si compara un uomo a un’auto, ma è una metafora pertinente. Come me, Adrien comunque ha la testa sulle spalle e i piedi per terra. Media e tifosi dovrebbero però capire che per arrivare e restare a questi livelli servono tanti sacrifici e lavorare duro. Trovo invece ingiusto che i giocatori non abbiano mai diritto all’errore perché guadagnano tanto. In fondo, quando iniziano sono solo adolescenti che possono commettere errori per crescere. Abbiamo fatto tutti stupidaggini alla loro età. Serve più tolleranza. Ad Adrien, per esempio, hanno fatto pesare per anni qualche ritardo quand’era ragazzo. Non ne fa di lui qualcuno poco professionale, e in ogni caso è sempre stato sanzionato».

ASCOLTARE LE RICHIESTE DI ADRIEN – «Quando aveva 17 anni avrei potuto ottenere molto di più dal Psg perché c’erano già vari club inglesi che lo volevano, ma lui non pensava ai soldi: voleva iniziare la carriera professionistica nel suo club formatore, con Ancelotti e andare subito in ritiro. Quindi la trattativa con Leonardo, che minacciava di mandarlo in primavera, fu rapida e rimanemmo a Parigi. Fu una sua scelta, già allora. Adrien mi conosce meglio di chiunque, ed è reciproco. So che non farebbe mai male di proposito a un avversario e lui sa che agisco solo nel suo interesse. Ci siamo sempre divisi i ruoli: lui il campo, a me il resto. Oggi magari si discute diversamente, perché non è più un ragazzino».

SEMPRE AGLI ALLENAMENTI DEL PSG – «Non penso che il papà di Messi sia mai stato criticato per essersi occupato del figlio. Né quello di Neymar in Brasile. È un problema dei media francesi. Accompagno Adrien agli allenamenti da quando aveva 6 anni. Lo facevo al Psg perché a 17 anni non aveva la patente ed era autorizzato dal club: c’erano altri familiari o agenti, così per esempio conobbi subito Stefano, il fratello di Verratti. Vedere Adrien in prima squadra fu una ricompensa anche per il mio lavoro: ricordo il primo allenamento nel giorno del suo compleanno, fu meraviglioso. Era anche un modo per scoprire un mondo che non conoscevo».

MADRE SOFFOCANTE – «No. Quando sono a Torino è normale che viva in casa con lui e i suoi due fratelli. Siamo una famiglia unita, la casa è grande, ben distribuita e ciascuno ha il suo spazio. Chi pensa che Adrien sia un ragazzino succube della madre non ha capito nulla. Ha sempre avuto idee chiare e forte personalità: chiedete ai suoi compagni di squadra. In ogni caso non avrei mai delegato l’educazione di mio figlio a sconosciuti di un Centro di formazione. Ho sempre avuto un’idea molto chiara di come crescere i miei figli, dei valori da trasmettere, dell’importanza degli studi. Ad esempio, durante i ritiri con le giovanili della nazionale imposi ad Adrien un insegnante di ripetizione della Federazione: non gli piaceva, ma non c’era alternativa».

MADRE E AGENTE INSIEME – «A volte si sovrappongono. In trattativa però non dico mai “mio figlio”, ma Adrien. Per anni gli ho chiesto di non posare a petto nudo sui social: da mamma la considero una cosa indecente, da consigliera temo per la sua immagine. Poi lui fa sempre di testa sua, magari facendomi arrabbiare. Quando parliamo di lavoro non facciamo riunioni: valutammo il rinnovo con la Juventus nella nostra casa nel sud della Francia, mentre eravamo a tavola».

ULTIMO RINNOVO ANNUALE – «È stata una mia idea. All’inizio il club non era d’accordo, ma ho ottenuto un anno in più con un sostanzioso aumento (circa 8 milioni di euro netti, ndr). È un rinnovo innovativo. L’Europeo è solo un elemento vagliato. Non va sottovalutato il percorso di Adrien alla Juventus, il suo impegno, il suo peso nella squadra».

ARRIVO DI RABIOT ALLA JUVE – «La Juventus lo considerava la prima scelta, ci inseguiva da anni, letteralmente: gli emissari bianconeri me li ritrovavo dove meno me l’aspettassi, fuori dagli stadi, in tribuna. Allegri lo voleva davvero e con Federico Cherubini c’è un rapporto molto cordiale e professionale».

DIFFICOLTA’ CON SARRI – «Adrien all’inizio non giocava e a gennaio valutammo l’idea di andarcene. Poi le cose migliorarono, anche con l’arrivo di Pirlo che lo ha aiutato a progredire, e infine con il ritorno di Allegri per cui in fondo eravamo venuti a Torino».

MANCATO TRASFERIMENTO ALLO UNITED – «Questione di soldi? Tutto falso. Lo United mi ha voluto incontrare per illustrare l’interesse per Adrien, ma non abbiamo mai parlato di sol- di nel dettaglio perché lui ha deciso rapidamente di restare a Torino. Non c’è mai stata una vera trattativa».

SPONSOR – «I soldi non sono mai stati il suo motore. Sugli sponsor è una sua scelta personale che rispetto. Magari ne riparleremo più avanti».

DESIDERIO DA MADRE – «Sono fiera che sia diventato una bella persona, intelligente, educata, elegante, realizzando i sogni d’infanzia di fare il calciatore professionista e giocare in nazionale. Da mamma spero che un giorno vinca il Pallone d’oro».

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