Giovanni Galli: «Juve-Milan può nascondere incognite» - ESCLUSIVA
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Giovanni Galli: «Juve-Milan può nascondere tante incognite» – ESCLUSIVA

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Giovanni Galli, in vista di Juve-Milan di Coppa Italia, ha rilasciato un’intervista in esclusiva a Juventus News 24

Toccherà a Juve e Milan sollevare il sipario sulla ripresa del calcio in Italia. Venerdì, l’Allianz Stadium sarà il teatro del ritorno delle semifinali di Coppa Italia, con in palio il tanto ambito biglietto per l’ultimo atto del torneo. Si riparte dall’1-1 dell’andata, quando Cristiano Ronaldo riequilibrò lo svantaggio firmato Rebic. In esclusiva a Juventus News 24, l’ex portiere del Milan Giovanni Galli ha tracciato la marcia di avvicinamento alla partita, tenendo conto dei principali temi che riguardano le due squadre.

Juve-Milan di Coppa Italia segna la ripresa del calcio in Italia dopo lo stop per l’emergenza Coronavirus. Quale importante significato assume questa partita nell’attuale contesto storico?

«Partiamo dal presupposto che si riparte con una partita che ha rappresentato il grande scontro degli ultimi 30 anni. Anche quando giocavo al Milan, la partita contro la Juve è sempre stata molto sentita. Si riparte con una sfida ad altissimo livello: sappiamo bene quello che è successo negli ultimi mesi, per cui riprendere con Juve-Milan e Napoli-Inter è il massimo che potevamo chiedere».

L’1-1 dell’andata rende ancora apertissimo il discorso qualificazione. Chi vede favorita per l’accesso alla finale?

«Il risultato favorisce certamente la Juventus, visto l’1-1 dell’andata e il ritorno da disputare in casa. Sono 90′ però, dopo due mesi e mezzo di stop, per cui le incognite sono tante. Guardando i valori in campo, i bianconeri sono assolutamente favoriti, anche in virtù della struttura della squadra. Al Milan poi mancano due giocatori importanti per squalifica (Theo Hernandez e Ibrahimovic ndr)».

Pensa che i tre mesi di stop possano influire in qualche modo? Sarà una partita imprevedibile sotto questo punto di vista?

«Sì, prendo come esempio quello che è successo in Portogallo: il Porto e lo Sporting hanno perso, il Benfica ha pareggiato con l’ultima in classifica. L’incognita è capire cosa può succedere dopo così tanto tempo dall’ultima partita. Sono 90′ di difficile gestione, anche per gli allenatori, per cui nessuno può immaginare quello che potranno regalare queste partite».

L’ultima fotografia della Juventus è stata il 2-0 in campionato contro l’Inter. Sarri l’ha convinta fin qui al suo primo anno sulla panchina bianconera?

«Mi ha convinto soprattutto la gestione, perché è stato molto intelligente a capire in quale squadra è arrivato e con quali giocatori ha a che fare. Probabilmente ha dato soltanto delle indicazioni ai suoi calciatori, visto che la sua mano, il suo calcio, lo abbiamo visto solo a sprazzi. Il gioco veloce, di prima, con le triangolazioni, si è visto poco fino a questo momento. Al di là dell’organizzazione difensiva, abbiamo potuto ammirare l’attacco dei due interni di centrocampo lato palla, al contrario di quello che facevano Conte e Allegri prima. Qualcosa si intravede, ma non me la sento ancora di dire che nella Juventus c’è la mano di Sarri: diciamo che ci sono degli spunti sui quali stanno lavorando e che mi auguro lo possano portare a compimento del suo progetto tecnico e tattico».

Dando uno sguardo, invece, al Milan di Stefano Pioli, si aspettava qualcosa in più dalla stagione dei rossoneri?

«Qualche punto in più magari sì, però c’è da dire che la rosa di oggi del Milan è frutto di quattro direzioni tecniche diverse: quella di Galliani, di Mirabelli e Fassone, di Leonardo, di Maldini e Boban. La bravura di Pioli è stata quella di far rendere al massimo i propri giocatori mettendoli a loro agio nelle rispettive posizioni. Non è così automatico però, non era così semplice mettere insieme calciatori frutto di quattro teste differenti».

Un nome che lega le due squadre è quello di Gianluigi Donnarumma. Che futuro immagina per il portiere? La Juve farebbe bene a puntare su di lui?

«Credo che alla Juve, in questo momento, il punto debole non sia il ruolo del portiere. Szczesny a mio parere è tra i primi cinque al mondo, ed è anche relativamente giovane. Non vedo questa necessità in quella posizione, anzi. In questo momento il polacco può fare 4/5 anni ad altissimo livello, per cui non so se lo andrei a sacrificare per spendere altri soldi. È un mio pensiero, poi io non sono nella testa dei dirigenti».

A Milano, invece, non è stata fortunata l’avventura di Bonucci e Higuain…

«No, assolutamente. Anche lì la situazione non era semplice, visto che parlavamo di una squadra rifatta da capo a piedi. Quando tu metti insieme una squadra e la obblighi ad ottenere dei risultati, non è così automatico. Ci vuole del tempo, e forse quello che è mancato negli ultimi cinque anni al Milan è proprio quello. Si è cambiato troppo, pensando che questi cambiamenti automaticamente potessero portare a dei risultati importanti. I rossoneri partono sempre con l’idea di arrivare in Champions: ho capito, ma il Milan ha una storia in Champions, ma non è detto che se prendi tre giocatori riesci a centrare quel traguardo. Una squadra la devi costruire, la devi mettere insieme dandogli un’idea: il tutto è stato farcito dalla troppa fretta ad arrivare ad un risultato».

Tornando a parlare di portieri, come ha valutato la scelta di Gianluigi Buffon di tornare alla Juventus ricoprendo il ruolo di vice Szczesny?

«Con Gigi mi lega un’amicizia dal 1996, quando siamo stati insieme al Parma. Ci siamo sempre sentiti, confrontati. Lui aveva preso una decisione lo scorso anno, ossia quella di andare a Parigi, per mettere a disposizione del club la sua esperienza. È stato riportato alla Juventus per ritrovare la juventinità, che credo sia fondamentale. Quando in uno spogliatoio hai quattro/cinque giocatori che conoscono la storia del club, è logico che possano trasferirle agli altri, facendo loro capire cosa voglia dire indossare quella maglia. La Juve ha vinto otto Scudetti sia per la bravura della squadra e degli allenatori, ma anche perché nei momenti difficili era quel gruppo di quattro/cinque giocatori che indirizzava gli altri sulla strada da percorrere. Mi riferisco a Buffon, Chiellini, Bonucci, Barzagli, Marchisio… Gigi è ancora valido come portiere poi: non so cosa farà in futuro, ma quando dice una cosa nello spogliatoio viene ascoltato. C’è bisogno della sua personalità ma anche della sua disponibilità: quando ci parlo al telefono è sempre rimasto il Gigi di vent’anni fa».

Non è un caso che alla Roma Alisson sia stato il secondo di Szczesny e ora lo sia Buffon, no?

«Il problema riguarda chi lo sottovaluta (ride ndr). Per me è un grandissimo portiere, che trasmette tranquillità alla squadra, che quando serve lo trovi sempre pronto. È un numero uno da Juve, non di quelli che hanno bisogno di farsi vedere per poter rimanere in bianconero. Quando serve lo trovi sempre presente».

Pensando alla sua carriera, c’è un Juve-Milan che le è rimasto più impresso nei suoi ricordi?

«Ho sia dei ricordi positivi e sia dei ricordi negativi. Contro la Juve ho esordito in Serie A nel lontano 1977, ma nel 1982 ho perso lo Scudetto all’ultima giornata e una finale di Coppa Italia nel 1990. Anche con la Fiorentina ne ho giocate tante, e sai bene quale sia la rivalità tra i viola e i bianconeri… Se dovessi sceglierne una, mi viene in mente come ho detto l’esordio nel novembre del ’77. Quando ti trovi di fronte, a 19 anni, mostri sacri del calibro di Causio, Tardelli, Boninsegna, Benetti, Bettega, Scirea, Zoff, Gentile, Cabrini, come fai a dimenticare quella partita? Ma a me sono sempre piaciute le sfide importanti, se no non le accettavo».

Si ringrazia Giovanni Galli per la disponibilità e la cortesia mostrate in questa intervista

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